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domenica, 29 Settembre, 2024
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Dalla cultura del sostenersi a quella dei giudizi social per ferire…

GUBBIO – Ultimamente abbiamo imparato a pensare costantemente a come dovremmo vivere attaccati ad un monitor, pensando di vivere secondo un’idea, vivendo il nostro tempo sempre troppo in fretta. Credo che a volte non ci rendiamo conto che spesso viviamo parlando di “cavolate”, di cose insomma di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno. Ma ne parliamo perché pensiamo che ci dia un tono, uno spessore maggiore nei confronti degli altri. A dimostrazione di una continua ricerca del proprio egoistico bisogno di prevalsa sul non si sa più nemmeno chi. Insomma, viviamo sempre di più facendo finta di essere non so chi…

In questo clima è ovvio che la vita ci sfugge. Anche se viviamo nel più bel Paese del mondo pieno di tradizione e cultura storia e paesaggi che farebbero invidia a molti. Questo anno abbondante di pandemia, che ci ha visto per lo più rinchiusi in casa o comunque molto di più con noi stessi, ci ha limitato in maniera notevole. Probabilmente però, stando in questo isolamento, abbiamo compreso che la nostra vita continua comunque a fare il suo percorso, sia che noi restiamo incollati al divano giocando con Amazon o con i social, sia che stiamo affacciati al balcone cantando o guardando gli altri, sia che continuiamo a fare passeggiate come se dovessimo preparare una Olimpiade.

La nostra vita fa il suo percorso naturale dettato dal suo tempo, ci scorre sopra e ci scivola addosso come un fiume passa e continua il suo percorso, come un ragazzino che corre in un prato. La nostra vita va avanti infischiandosene di noi e di chi siamo o di chi vorremmo essere. Soprattutto quando quotidianamente passiamo il nostro tempo sui social, spesso deridendo o prendendo strampalate posizioni oppure sentenziando qua e là su tutto e tutti…

La nostra vita corre e a volte, come forse è stato più facile comprendere durante questa pandemia, ci scappa. E ci saluta come si saluta uno conosciuto una volta ad una festa che poi abbiamo incontrato di nuovo al supermercato per sbaglio…

L’utilizzo spasmodico dei social ha portato una intera generazione cresciuta a giocare per strada ad attaccarsi costantemente ad un computer o meglio ancora ad un telefono. Ma ora ci accorgiamo che abbiamo perso tempo a giudicare altri, a perderci dietro al chiacchiericcio tipico del paesello e forse della nostra cultura. Abbiamo perso tempo ad essere leoni del giardino. Abbiamo perso tempo a fare pronostici mai richiesti e mai azzeccati…

Abbiamo perso tempo a fare il pettegolezzo, a giudicare gli altri e a cercare di scrivere o parlare dando giudizi futili, che oltre tutto cambiano con la velocità con cui cambia il tempo a Ferragosto in montagna… 

Spero quindi che in molti si accorgono del tempo buttato. Perché quello trascorso a inventare storie, a sparlare e a chiacchierare (usanza questa spesso molto in voga nella nostra piccola cittadina) contribuendo a volte non solo ad accrescere il proprio malessere ma soprattutto a far male agli altri a ferire la vita reale degli altri, è un tempo da impiegare diversamente.

A Gubbio, come nella maggior parte dei paesi italiani, si viveva con la chiave sul portone di casa. E si era sempre pronti ad aiutare il prossimo senza farsi troppe domande, senza necessariamente intravederci chissà quale complotto. Da quella cultura del sostenersi, dell’aiutarsi e della condivisione si è passati a quella del chiacchiericcio per ferire. Per vedere nell’altro sempre un qualcosa di male da amplificare.

Certo la cosa migliore da fare resta quella di non ascoltare. Far finta di nulla, tirare avanti e farsi scivolare tutto addosso non prendendo parte alla discussione e alle voci… Ma di certo il tempo perso si può investire diversamente. Creando magari una rete per rafforzare l’esistenza delle persone. Invece di gironzolare in rete cercando una connessione wi-fi che porterà per lo più a sparare meglio più “cavolate”.

Paolo Tosti

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