Prima della pandemia, ogni Venerdì Santo a Gubbio prendeva vita la sua centenaria processione. Dovremo aspettare almeno fino al 2022 prima di poter sentire di nuovo tra le pietre della città il suono inconfondibile delle “battistrangole” e le voci dei cori del Miserere.
Vogliamo proporre quindi degli scatti del passato, sperando che possano aiutare a mantenere viva una tradizione così radicata ed essere da stimolo anche e soprattutto per i più giovani. In un momento particolare come quello che si sta vivendo nasce una opportunità importante per riscoprire la consapevolezza del patrimonio culturale che Gubbio e gli eugubini possono vantare.
Un patrimonio storico e culturale tramandato nel tempo, che ha superato altre pandemie, guerre, carestie e mutamenti sociali e tecnologici molto significativi. Gubbio e gli eugubini una tale ricchezza nel corso dei secoli hanno saputo mantenerla in vita, grazie soprattutto alla Confraternita della Santa Croce della Foce, che anno dopo anno ha tramandato alle nuove generazioni e ad un popolo intero il senso e l’anima della tradizione.
LA PROCESSIONE
La Processione si apre con quattro confratelli che suonano le “battistrangole” che rievocano un suono di ferraglia; segue il portatore del “teschio”; la grande croce detta l’ “Albero della Vita” che precede le “le tre croci” del Calvario e le due “Croci raggiate”. Seguono i simboli della passione, con le torce tratte dal soffitto a cassettoni della Chiesa di Santa Croce di origine cinquecentesca; poi le “grandi torce” offerte dal Comune, dalle Corporazioni delle Arti e Mestieri e da varie associazioni cittadine che precedono di poco i Cavalieri del Santo Sepolcro; a seguire il Clero ed il Vescovo.
Segue quindi il “Cristo Morto”, adagiato sul cataletto coperto da un prezioso baldacchino seguito dal primo coro del “Miserere”, il salmo penitenziale del Re David, la cui melodia polifonica è giunta a noi per tradizione orale. Quindi il coro delle “Pie Donne” con la statua della “Madonna Addolorata”, poi il secondo coro del “Miserere”. I confratelli vestono un sacco di colore bianco, con cappuccio, che copre il volto, lasciando solo i fori per gli occhi, da qui il nome di “incappucciati”.
Il sacco, anche detto “saccone”, è stretto con una cinta di fune che un tempo terminava con i flagelli usati per colpirsi come atto di penitenza. Le Compagnie della Confraternita di Santa Croce si distinguono dal colore della mantellina indossata sul saccone: nero per gli aggregati alla “Compagnia del Crocifisso”, azzurro per gli aggregati alla “Compagnia della Madonna del Carmelo”. La processione percorre le principali vie della città, partendo all’imbrunire, tradizionalmente dalla chiesa di Santa Croce e durante il suo passaggio vengono accesi grandi fuochi in alcuni punti del percorso.