GUBBIO – Nella vita abbiamo avuto tutti il suono di una campana che, ascoltandolo, ha scandito il tempo dei nostri ricordi. Noi eugubini abbiamo il Campanone, che anche in questo anno segnato dalla pandemia ha continuato ugualmente a scandire il tempo, facendoci comprendere una realtà mai vissuta prima. Quel suono inconfondibile ci ha fatto respirare più a fondo, ci ha fatto socchiudere gli occhi, ci ha fatto rimanere con noi stessi portandoci a ricordare o desiderare un abbraccio ed un soffio dell’aria di festa.
La campana in una comunità è la costante presenza che batte il tempo della società, la nostra, l’amato Campanone, lo fa regalando sempre una emozione nuova. Il rapporto tra la città e il suono del Campanone è intenso, ogni funzione o evento che si svolge sul suolo eugubino è scandito dallo scorrere dei suoi “rintocchi”, che raggiungono ogni pietra della città e ogni filo d’erba di tutto il territorio. Il Campanone ci ricorda i giorni che hanno segnato il dolore lasciato dalle guerre, le gioie liberatorie delle solennità, la Festa dei Ceri, il Palio della Balestra, il Torneo dei Quartieri… I Campanari, “incastonati” alla torretta del Palazzo dei Consoli con un amore e una passione sconfinati, sono capaci di immergere chiunque in una atmosfera unica, che proviene da una tradizione preservata da qualsiasi influenza esterna.
Per questo, anche nella società attuale fatta di restrizioni, pensieri bloccati e abbracci a distanza, il “Gige” e i suoi compagni campanari continuano a scandire il tempo degli eugubini in un percorso di vita che si rinnova “sonata” dopo “sonata”. Con i suoi oltre 250 anni di vita, il Campanone continuerà a portare chiunque ad interrompere ciò che sta facendo ogni volta che farà sentire la sua voce. E oggi più che mai diventa ancora più importante tenerselo ben stretto vicino al cuore, perché poterlo “riabbracciare” da vicino è quello che tutti gli eugubini vogliono.